Ripetere stessi concetti, anche importanti, per un miliardo di volte, toglie importanza al concetto stesso. Bisognerebbe dirlo con fermezza una volta senza dare adito a fraintendimenti. Ognuno poi ha il suo limite e si gestisce. Odio la mediocrità ma essa perseguita, in una città con confini intellettuali veramente a vista d’occhio, perseguita. Piccola gente, spocchiosa e arrogante. Gente che il proprio orticello lo coltiva bene, del resto. Chi se ne frega? Rispondono così: Chi se ne frega. E’ bene andare avanti e chiudere porte. Se serve a qualcosa per salvaguardare una passione smisurata, per difenderla è doveroso farlo.

Gli occhi lucidi? Le scarpe bianche? I cappellini appiccicati alla testa? I propri colori? I tatuaggi? I chilometri?

Le facce, quelle “butte e cattive”, ora hanno figli e la transenna la meritano, se la sono guadagnata. Meritano gli urli. Le stesse facce, quelle “brutte e cattive” esultano per la loro squadra nonostante tutto e, portando nel cuore quello che hanno fatto, si mettono in disparte. Si, hanno il coraggio di farlo. Soffrono nel perdere un pezzo di vita. Sarebbe stato molto più semplice continuare. Dicono basta vedendosi prigionieri in un mondo che non li desidera più.

No, non avete vinto. Piccoli spettatori incapaci protagonisti delle vostre vite. Non avete vinto. Il mediocre sente il rumore insulso di cinquemila persone. Chi mediocre non lo è affatto sente molto più l’urlo del silenzio di quei cinquanta. Una minoranza che non perde. Una minoranza che può fare a meno di striscioni, di bandiere, di sciarpe, di cori. Una minoranza che, per una passione sconfinata e per amore folle di una maglia e della propria città, può fare a meno anche della propria libertà personale. Può, questa minoranza, avere paura di voi? Lustrini, megafonini, nani, ballerine, cartoncini lucidi. Può avere paura di zombie che, per protagonismo, resuscitano dal regno dei galleggiatori stipendiati da chi non ha capito cosa stava finendo? Una minoranza che ha il rispetto degli amici e, ancor di più, ha il rispetto dei nemici.

Potrà quella minoranza avere paura di voi? Siete neve al sole.

Lo storico nemico non guarda gli spazi riempiti e vi reputa ridicoli. Lo storico nemico guarda gli spazi lasciati vuoti da loro. Da quella minoranza che soffre, straniera nella propria città.

Ero piccolo. La religione del basket nella mia città mi fece discepolo. Una religione che ora è diventata moda. Il vecchio palazzo puzzava di sudore e fumo, non si respirava, la condensa sui vetri. Quello nuovo puzza di Chanel e pop corn al burro. Ho ancora male ai timpani ripensando alle finali scudetto giocate quando ancora Pesaro non si era appoggiata su comode poltroncine. La storia scritta da una piccola città, laboriosa, con la serpe in grembo. La storia è storia. Lì dentro doveva rimanere. Lì dentro è rimasta.

Ero piccolo. Mio padre mi metteva li, a fianco di chi faceva casino. Un casino genuino trasportato dalla curva al resto delle gradinate, un casino che ora si è perso in manie di protagonismo. Nessuna legge speciale a controllarne i movimenti. Tutto più spontaneo, molti meno rischi. Ora, chi vuole essere libero, chi decide di esserlo, chi spinge forte la sua passione è catalogato come delinquente e gli è impedito il seguito. Ora, chi decide di essere libero, è il primo perseguitato. Fotografato. Infamato. Picchiato. Quando si andava nel vecchio palazzo la parola “diffida”, nel vocabolario, non c’era. Nelle vittorie si creava la facilità della partecipazione di tutti. I mercenari non indossavano ancora canotte e scarpe da ginnastica.

Ero piccolo. Sono diventato grande e sto in mezzo ad un nuovo casino. Un casino nuovo che cerca di sopravvivere tra nuove leggi e nuovi divieti. Nella mia città, invece, sono schiavo da anni. Per motivi noiosi e tristi non sono mai stato un Ultras. Ci sono andato molto vicino. Ho vissuto spalla a spalla con loro. Si, proprio con loro, delinquenti, brutti e cattivi che se li chiami corrono e ti difendono. Magari a scuola. Magari quando uno ti prende per il culo. Già si, perché loro sono diversi e sono liberi. I delinquenti, quelli veri, si nascondono fra loro ma con loro non hanno niente a che vedere. Sono forse migliori “gli altri”? Nel loro menefreghismo, sono forse migliori? Senza prendere mai posizione, sono forse migliori? Chi e cosa siete per sparare sentenze su quella minoranza che chiede rispetto e passione, che da veramente tutto per la propria squadra? Li conoscete? Sapete dove e come vivono? Sapete se magari quella curva, quel settore, quei chilometri in pullman siano la loro unica casa? Sapete le difficoltà che hanno per seguire la loro squadra?

Eppure ho passato pomeriggi e notti al loro fianco e mai mi è successo niente. Ho imparato molto anzi. Ho imparato a vivere una partita con il cuore. Ho imparato la parola “solidarietà” e la parola “rispetto”. Ho sentito di rivalità e di scontri è vero. Voi che ne fate trasmissioni, sapete i perché ci si scontra? No, voi non sapete nulla, voi sentenziate. Andate a fare la spesa alla coop il sabato mattina e i sogni schiacciateli sotto le ruote del vostro Suv. Come quando avete deciso di mettere il paraocchi e siete diventati tutti uguali, tutti morti, tutti col bisogno di parlare di altri perché di voi non avete più nulla da dire.

Non avete vinto. Magari ve lo fanno credere. Non avete vinto nulla. Non c’eravate voi a scavare nella merda. Non c’eravate voi quando di voi si aveva bisogno. Ci siete solo ora che vi siete accorti che le telecamere vi stavano inquadrando. La mia vecchia guardia mi difendeva a scuola e m’insegnava cose. La mia nuova guardia era sotto il palco ai miei concerti. Forse nei miei occhi ha visto la stessa rabbia e il sentimento comune nel sentirsi vittima d’incomprensione. La loro vita non ha bisogno di un settore o di un nome che li identifichi. Il loro silenzio grida molto più forte del vostro amore per mercenari che non difendono nessuna maglia.

Nella mia città ci sono persone che nel silenzio esultano e soffrono con occhi lucidi e rabbia. Nelle nostre città c’è chi decide di essere libero per portare avanti ideali che, se anche non potete capire, dovete rispettare. Se non li volete rispettare non ne parlate e nessuno vi dirà nulla. Nella mia città c’è gente che non vuole ricoprire il ruolo di burattino.

Il menefreghismo e la superficialità della mia città ne hanno ucciso un pezzo di cuore. Quando vi renderete conto di essere a teatro, quando vi renderete conto che vi hanno costruito gabbie intorno e psicodrammi su misura per la vostra sterile intelligenza ne sentirete la mancanza.

Ora sono solo ricordi ma a me lasciano il sorriso e finché qualcosa starà nel mio cuore e ripescandola mi donerà un sorriso allora non potrà mai essere qualcosa di brutto.

Se non sapete non parlatene. 

“…BEN VENGA IL TORTO SE LA RAGIONE SONO LORO…”

“Con estrema gioia sono felice di farvi sapere che questo articolo è stato pubblicato, il 13 gennaio 2012, anche su SPORTPEOPLE. Potrete trovare questo articolo al link: http://www.sportpeople.net/50-pesaresi-tutti-ultras.html ringrazio di cuore la redazione di sportpeople e l’amico MAMO”